Diario di un viaggiatore in Sudafrica

Io e’ compagni eravam vecchi e tardi 

quando venimmo a quella foce stretta 

dov’Ercule segnò li suoi riguardi,                                

acciò che l’uom più oltre non si metta: 

da la man destra mi lasciai Sibilia, 

da l’altra già m’avea lasciata Setta.                    

                                [Inferno – Canto XXVI]          

Così leggiamo tra il verso 106 e quello 111 del Divin Poema celebrato con più devozione del solito nel corrente anno, in occasione dei 700 anni dalla morte del Sommo Poeta.

Nei suddetti versi Dante Alighieri (Firenze 1265 – Ravenna 1321) racconta di come, per sua visione, il mitico Ulisse riuscì a intravedere il monte del Purgatorio oltre le colonne d’Ercole, prima di essere colpito dalla vendetta degli dei, i quali affondarono in seguito la sua nave (secondo la visione pagana).

Rappresentazione artistica di Dante Alighieri intento ad osservare il monte del Purgatorio

Ercole, secondo la leggenda avrebbe dovuto rubare il bestiame di Gerione, che viveva proprio ai confini del mondo occidentale, identificato con l’attuale Stretto di Gibilterra, delimitato a Nord dall’estremità meridionale della penisola iberica e a sud dalla parte più settentrionale del Marocco. 

Secondo la leggenda egli non avrebbe mai varcato il limite delle colonne, sarebbe arrivato fino alle pendici dei monti Abila e Calpe, e decise di dividere il massiccio in due parti creando così le “due colonne”. Su questi pilastri, secondo la narrazione, venne incisa la scritta Non Plus Ultra.

Rappresentazione artistica delle colonne d’Ercole

Il mistero di questo Non Più Oltre era un concetto consolidato nel mondo antico sin dai tempi del filosofo Platone, che collocò Atlantide, un’isola leggendaria menzionata nei dialoghi Timeo e Crizia, oltre le colonne. 

Fino all’alba del XV secolo, oltre colonne d’Ercole c’era l’ignoto, lo spaventoso, la fine del mondo, poi un nuovo capitolo della storia è stato scritto, quello delle esplorazioni marittime, che con un’acrobazia ci porterà ancora una volta a leggere una storia tra le stelle.

L’accostamento del mito di Ercole, dei racconti di Platone e della poesia di Dante all’esplorazione del mare trae, a mio avviso, la sua origine nel rapporto intrinseco tra l’uomo e i propri limiti. Da sempre l’animo umano combatte con le proprie barriere fisiche e intellettuali, e la sensazione di “prigionia” che deriva da tale lotta è una condizione universale rintracciabile nella notte dei tempi.  

L’epoca delle Esplorazioni 

25 Luglio 2021 – dopo aver percorso con la migliore compagnia che potessi desiderare, per quasi trenta minuti, una strada all’interno di un parco nazionale sudafricano circondato da protee, struzzi, babbuini e quant’altro, mi ritrovo di fronte ad un cartello con tante di coordinate specificate sotto: Cape Point (34°21’24’’ S 18°29’51’’E).
Da lì inizia un sentiero in salita, una passeggiata di quasi 15 minuti la cui fine è segnata da un panorama mozzafiato. 249 metri sul livello del mare, la False Bay da un lato e l’oceano dall’altro, una scogliera a strapiombo sul mare e lo sfiato di una balena: il momento esatto in cui il fanciullino che è in me esulta perché investito di gioia. Mi trovavo nel lembo di terra passato alla storia come Capo di Buona Speranza. Chi non lo conosce?

Cape Point

Inizialmente noto come Capo delle Tempeste, fu raggiunto per la prima volta da un esploratore europeo, Bartolomeo Diaz, nel 1487. Il portoghese gli diede questo nome perché le acque che lo bagnano spesso sono interessate da forti correnti, causa di numerosi naufragi. Vasco De Gama, dieci anni dopo, riuscì a oltrepassarlo terminando il suo viaggio verso l’India e ribattezzandolo Capo di Buona Speranza, per incoraggiare gli altri esploratori e, col senno di poi, a sottolineare come questa impresa abbia inaugurato una serie di nuove rotte via mare.

Capo di Buona Speranza

Leggende Per ragioni geografiche anche questo luogo ha assunto l’appellativo simbolico di “fine delle terre” e le condizioni tempestose che lo caratterizzano hanno fatto nascere nel tempo varie leggende come quella dell’Olandese Volante, un vascello salpato da Amsterdam (Olanda) e diretto a Java (Indonesia) che nel 1600 si ritrovò nel mezzo di una grande tempesta a Capo di Buona Speranza. L’audace e impavido comandante, spinto dall’amore irrazionale verso il mare che accomuna ogni navigante, decise di non tornare indietro e il vascello affondò prima ancora di superare il promontorio, condannando l’equipaggio a vagare eternamente per i mari sulla nave fantasma.

Curiosità Molti credono, sbagliando, che il Capo di Buona Speranza sia la punta più a sud del continente africano. Questo titolo appartiene a Cape Agulhas, un promontorio roccioso a circa 250 km di distanza, dove vi è la linea di demarcazione ufficiale del punto di incontro tra l’oceano Atlantico e quello Indiano.

Cape Agulhas – Oceano Atlantico e Oceano Indiano si incontrano
Peschereccio giapponese Meisho Maru No. 38 naufragato nel novembre del 1982 sulle coste di Cape Agulhas in seguito ad una tempesta

Molte terre precedentemente sconosciute agli europei furono scoperte in questi secoli, sebbene la maggior parte fosse già abitata. Dal punto di vista di molti “non europei”, l’età delle scoperte ha segnato l’arrivo degli invasori e dei colonizzatori. Ad ogni modo la successiva esplorazione europea permise la mappatura del mondo nella sua interezza, ma portò anche alla diffusione di malattie che decimarono popolazioni precedentemente isolate dall’Eurasia e dall’Africa. Permise anche l’espansione del cristianesimo che, grazie ad una fervente attività missionaria, finì per diventare la religione più professata nel mondo. 

Così parlando vi ho portati su un trampolino a fare un tuffo, alla fine rimarrete sorpresi perché non cadrete nelle acque poco tranquille dell’oceano, bensì nel costante e umano conforto: il cielo stellato.

Ma non  oggi, alla prossima!

Cielo stellato in Sudafrica

Roberto Caione

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